Maria Biffi Levati, donna ricca di energia e di fede verrà sempre ricordata al fianco di don Luigi. Fu l’incontro di due anime ardenti di amore per Dio e di passione per la carità. Lei, sposata e benestante, era nota per la disinteressata bontà con la quale assisteva gli ammalati nelle loro case.

Era nata a Monza il 26 gennaio 1835. Apparteneva ad una delle più distinte famiglie della Monza di allora; famiglia di quel ceto borghese sano, lavoratore, benestante per ricchezze ben acquisite, di pietà e di moralità esemplare. Andò sposa al sig. Francesco Levati. Ebbe due figli: il primogenito, Luigi, si fece religioso barnabita ed il secondo, Francesco, morì a cinque anni.

Il marito morì nel 1879 dopo una infermità durata parecchi anni. Un giorno, mentre ella pregava in Duomo, davanti alla Madonna del Rosario, ebbe un pensiero che cambiò subito in promessa di consacrarsi totalmente al servizio dei poveri ammalati.

Divenne, in Monza, l’angelo della carità, la signora buona e pietosa che apre il cuore e la mano ai poveri. Non dava solo del suo, ma dava se stessa. Dio le aveva affidato una missione, ed ella si prodigava in tutti i modi per compierla fedelmente. Divenne l’impareggiabile infermiera degli ammalati privi di qualsiasi assistenza e si moltiplicava per arrivare a tutti, per accontentare tutti, non risparmiando neppure le ore dei pasti, portando nelle case l’amore a Gesù Cristo.

La missione di bene che il Signore le aveva affidato sarebbe finita con lei? Chi l’avrebbe potuta aiutare? Cosa fare? Ella pregava, sperava, operava e ripeteva: “Oh santa Provvidenza, in te confiderò!”.

Nelle sue visite ai malati Maria incontrò don Luigi che divenne la sua guida spirituale. A lui comunicò quanto sentiva risuonare in cuore: “Dio vuole qualcosa da noi per i suoi poveri. Gesù, il consolatore degli afflitti, il medico dei malati la chiama, la vuole continuatore della sua opera”. In questa e in molte altre lettere scritte a don Luigi si legge tutta la sua forza interiore e la sua decisione nello stimolare anche il suo direttore spirituale a dare origine alla congregazione che insieme fonderanno.

La sua vita fu tutta spesa per Dio e per i poveri, tanto che era conosciuta in tutta Monza come “la buona signora”, e lei stessa amava sottoscriversi nelle sue lettere confidenziali “Maria serva dei poveri”.

Morì il 17 luglio 1905 assistita dalle sorelle, la cognata, le sue “figlie” misericordine, il figlio padre Luigi e don Luigi Talamoni, che sempre la dirà santa



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